Sembra incredibile immaginare il nostro mondo senza peperoncino piccante, in particolare se pensiamo a zone come la Calabria dove fa parte della cultura e della tradizione culinaria da secoli.
Eppure i peperoncini sono arrivati in Europa solo dopo la scoperta dell’America, insieme a vari altri ortaggi come patate e pomodori. In Messico invece il consumo di peperoncini ha origini antichissime.
Oggi si tratta di una pianta internazionale: dal già citato peperoncino calabrese, ai piccantissimi peppers selezionati in America, dai peperoncini orientali, cinesi e thailandesi, a quelli messicani che mantengono viva la tradizione della zona d’origine.
La storia del peperoncino
Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5.500 a.C. era conosciuto in Messico, presente in quelle zone come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Cile e del Messico.
In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l’ha portato dalle Americhe col suo secondo viaggio, nel 1493.
Dato che sbarcò in un’isola caraibica, molto probabilmente ha incontrato un Capsicum chinense, delle varietà Scotch Bonnet o Habanero, i più diffusi nelle isole.
Introdotto quindi in Europa dagli Spagnoli, ebbe un immediato successo, ma i guadagni che la Spagna si aspettava dal commercio di tale frutto (come quello di altre spezie orientali) furono deludenti, poiché il peperoncino si acclimatò benissimo nel vecchio continente, diffondendosi in tutte le regioni meridionali, in Africa ed in Asia, e venne così adottato come spezia anche da quella parte della popolazione che non poteva permettersi l’acquisto di cannella, noce moscata e altre.
Origine del termine peperoncino
Il frutto venne così chiamato a causa della somiglianza con il pepe nel gusto (sebbene non nell’aspetto), Piper in latino.
Il nome con il quale era chiamato nel nuovo mondo in lingua nahuatl era “chili”, e tale è rimasto nella lingua inglese e in alcuni nomi di varietà, come il chiltepin, C. annuum var. aviculare, derivato dal nauhatl chilitecpintl o peperoncino pulce, per le dimensioni e il gusto ferocemente piccante.
Il primo peperoncino piccante
Il chiltepin è ritenuto l’antenato di tutte le altre specie. Nei paesi del Sudamerica di lingua spagnola e portoghese, invece, viene comunemente chiamato ají, modernizzazione dell’antillano asci. La parola in lingua quechua per i peperoncini è uchu, come nel nome usato per il rocoto dagli Inca: rócot uchu, peperoncino spesso, polposo.
Le specie di peperoncino domesticate
Le 5 specie domesticate, e quindi più comuni, di peperoncino sono:
- Capsicum annuum, probabilmente la più coltivata, comprendente le varietà più diffuse: i peperoni dolci, il peperoncino comune in Italia, il peperoncino di Cayenna, e il messicano jalapeño.
- Capsicum baccatum, che include il cosiddetto cappello del vescovo, e gli ají.
- Capsicum chinense, che include l’habanero, a lungo rimasto nel Guinness dei primati come il peperoncino più piccante del mondo, e il suo diretto concorrente Dorset Naga, più lo Scotch Bonnet e il fatalii.
- Capsicum frutescens, che include tra gli altri il tabasco
- Capsicum pubescens, che include il sudamericano rocoto.
Una guida all’identificazione delle 5 specie domesticate traccia alcuni caratteri che permettono di distinguere le specie. Un’eccezione sono i peperoncini viola, tra cui il “Purple Tiger”: questi hanno foglie, fiori e frutti immaturi screziati o totalmente viola, ma appartengono a capsicum annuum, forse ibridato con qualche specie minore.
Sebbene siano poche le specie di peperoncino coltivate commercialmente in Italia, ci sono molte cultivar: il peperone verde e quello rosso, ad esempio, sono la stessa cultivar, ma i verdi sono immaturi.
A livello amatoriale, invece, vi è una fiorente comunità di appassionati, che coltivano per hobby tutte le 5 specie principali e molte delle minori.
Per la gran varietà di cultivar, sicuramente capsicum annuum è il più diffuso, mentre le altre specie sono relativamente meno coltivate.